BCE e FED tra Inflazione, Dati e Danze Politiche
E malgrado tutto, la borsa regge ed è ad un passo dai massimi. Molti investitori si sono lasciati sedurre dall’idea che i famosi “Magnificent 7” continueranno a dominare il palcoscenico globale dei mercati e continueranno a salire. E i dazi commerciali?
“Un rumore banale alla fine” sembra sussurrarci il terminale, “roba da poco conto“. Peccato che, a volte, il rumore banale nasconda una sinfonia assai più complessa e, diciamocelo, un po’ stonata. Il grafico che vi ho messo in apertura, dice tutto. Tanto rumore per poi ritrovarci oggi a -2.50% dai massimo dello SP500.
L’unico che veramente è ancora sotto e anche di brutto è il USD ma quella è un’altra storia.
Questo ottimismo, per quanto contagioso, sembra ignorare una serie di variabili non proprio trascurabili. Parliamo di incertezze sulla politica tariffaria e fiscale, e, udite udite, di segnali d’allarme che provengono dai mercati obbligazionari.
Ve ne parlo spesso perché quelle noiose obbligazioni che tanti snobbano perché “non fanno la performance dell’AI” hanno invece un’importanza enorme soprattutto proprio nell’analisi intermarket. Eppure, a volte, proprio da lì arrivano i messaggi più chiari. Basta vedere come si scannano tra Powell e Trump anche se sono in modo virtuale…
Oggi, con l’aria fresca di giugno e un’inflazione che, per la BCE, sembra finalmente voler fare pace con il target del 2%, ci troviamo di fronte a un’attesa quasi mistica: l’ottava sforbiciata al costo del denaro da parte di Francoforte. E sì, porterà il tasso sui depositi a un “neutrale” 2%. Neutrale… come un caffè decaffeinato il lunedì mattina: promette bene, ma non ti sveglia del tutto.
L’aria è elettrica. Tutti gli occhi sono puntati su Christine Lagarde e sulle sue sibilline dichiarazioni. Non si tratta solo di capire se avremo il nostro “sconto” sui tassi, ma di decifrare ogni virgola, ogni pausa, ogni sguardo per indovinare il prosieguo di questo ciclo di allentamento. E qui entra in gioco il fattore “X”, anzi, il fattore “T”: le sempre più imprevedibili politiche commerciali trumpiane. Diciamocelo, il buon Donald è come il prezzemolo, lo trovi dappertutto, anche nelle previsioni economiche più sofisticate. Un pizzico di incertezza in più, che non guasta mai, giusto?
Il mercato, in un raro momento di quasi unanimità, si aspetta una pausa a luglio. Una sorta di “respiro” prima di un’altra ipotetica riduzione entro la fine dell’anno. Ma fidatevi, la Lagarde non ci darà la conferma che cerchiamo. Il mantra sarà sempre lo stesso: “dipendenza totale dai dati”. Un po’ come quando chiedi al tuo partner cosa vuole per cena e la risposta è “boh, decidi tu”, lasciandoti nell’incertezza più totale.
Secondo Nomura, l’inflazione potrebbe persino scendere sotto l’obiettivo nel breve termine, rafforzando l’idea di tagli più sostanziosi del previsto. Ma attenzione, la festa potrebbe finire presto. Dazi e aumento della spesa pubblica sono come quei parenti lontani che si presentano all’improvviso: potrebbero esacerbare le pressioni sui prezzi nel lungo termine, costringendo la BCE a una maggiore cautela. Insomma, un’altalena continua, con il rischio di finire con il sedere per terra se non si sta attenti.
Oltreoceano: La FED e i Tononi “Dovish
Spostandoci dall’altra parte dell’Atlantico, la situazione non è meno interessante, sebbene con sfumature diverse. La Federal Reserve si trova in una posizione un po’ più… “dovish” di quanto ci si aspettasse inizialmente. Merito, o colpa, dei recenti dati non proprio brillanti sui servizi e sul mercato del lavoro privato, che hanno riaperto il dibattito su un possibile allentamento monetario entro dicembre.
E chi, se non il buon Donald Trump, poteva cogliere l’occasione per rimettere benzina sul fuoco? Le statistiche gli hanno dato il pretesto perfetto per ribadire la sua richiesta a Jerome Powell di abbassare i tassi di interesse. Un po’ come un allenatore che a bordo campo urla istruzioni al proprio giocatore, anche se quest’ultimo ha già la sua strategia.
Si parla di una probabilità del 75% di un intervento a settembre. Ma i policymaker, furbetti, si sono ben guardati dall’avallare questa ipotesi. Il quadro economico è così incerto, specialmente con le scelte della Casa Bianca che sembrano scritte da un generatore casuale di idee, che ogni pronostico è un azzardo.
Gli occhi, adesso, sono puntati su domani, quando dal Dipartimento del Lavoro arriverà l’aggiornamento di maggio sui nuovi occupati. Ci si aspetta un aumento di 130.000 posti e una disoccupazione stimata stabile al 4,2%. Numeri che, come in un’equazione complessa, potrebbero spostare gli equilibri e dare nuove indicazioni sulle prossime mosse della FED.
STAY TUNED!