Dazi e Debito: Perché il Dollaro USA è in caduta libera
Nel dinamico e talvolta imperscrutabile panorama finanziario, la recente debolezza del dollaro USA ha catturato l’attenzione di professionisti e appassionati. Un calo di oltre il 12% negli ultimi sei mesi rispetto alle principali valute dei partner commerciali americani rappresenta la peggiore performance dall’ormai lontano 1973. Ma cosa sta realmente accadendo e, soprattutto, quali lezioni possiamo trarne per le nostre strategie di investimento?
Non si tratta solo di una questione di numeri, ma di un messaggio chiaro che i mercati stanno inviando riguardo alla percezione delle politiche americane a livello globale. Come sottolineato da Steve Englander, global head of G10 foreign exchange research,
“Avere un dollaro debole o un dollaro forte non è il problema. Il problema è ciò che ti sta dicendo su come il mondo vede le tue politiche”.
Questa prospettiva ci invita a guardare oltre la semplice fluttuazione di un tasso di cambio, per cogliere le complesse interconnessioni che governano il sistema finanziario globale.
1. Le aggressive proposte tariffarie e la politica estera più isolazionista dell’ex Presidente Trump hanno giocato un ruolo significativo.
2. L’indice del dollaro (DXY) ha continuato a deprezzarsi, testando i minimi annuali riflettendo una “crisi di fiducia” nei fondamentali statunitensi e nella stabilità della sua governance economica, come evidenziato da economisti di spicco. Inizialmente, le politiche di stimolo fiscale tramite tagli alle tasse e le barriere tariffarie avrebbero dovuto rafforzare il dollaro, ma l’effetto è stato l’opposto.
3. L’incertezza generata dalla politica commerciale statunitense ha ridotto l’attrattiva del dollaro come bene rifugio. Non solo, ma diversi indicatori mostrano un calo della domanda di dollari sui mercati internazionali a favore di Euro e Yen giapponese, con investitori istituzionali europei che hanno ridotto la loro esposizione a livelli storicamente bassi e la Cina che ha intensificato la vendita di titoli del Tesoro USA. Questo indica una “riallocazione sistemica” verso mercati percepiti come più prevedibili dal punto di vista macroeconomico, un vero e proprio cambio di paradigma nella percezione del rischio sovrano.
4. A ciò si aggiunge l’inflazione e l’aumento del debito pubblico. L’agenzia Moody’s ha recentemente declassato il rating sovrano degli Stati Uniti citando deficit strutturalmente in peggioramento e costi degli interessi in aumento, il che spinge gli investitori a richiedere rendimenti più elevati per finanziare il debito USA.
Intermarket Analysis: le correlazioni svelano le dinamiche nascoste
L’analisi intermarket, ci suggerisce che un dollaro più debole ha delle conseguenze anche sulle varie correlazioni delle asset class. Infatti il Dollar Index DXY debole tende ad essere positivo per i prezzi delle materie prime, rendendo le importazioni più costose e potenzialmente alimentando l’inflazione, un fattore che la Federal Reserve dovrà monitorare attentamente.
Quindi tassi che potrebbero NON scendere (il che sostiene quanto temuto da Powell, un mix esplosivo se poi si sommano gli effetti dei dazi). Ma poi si legge che i tassi Trump li vuole tagliare. Se la Fed dovesse optare per tagli dei tassi di interesse nel tentativo di sostenere l’economia, in un contesto di debito crescente e politiche fiscali incerte, il dollaro potrebbe continuare la sua “deprezzazione ordinata ma sostenuta”. Possibile quindi taglio tassi con inflazione in aumento?
Botte piena, moglie ubriaca. Qualcosa non quadra.
STAY TUNED!